APRE, in collaborazione con il Parlamento Europeo, ha organizzato l’evento “La ricerca e innovazione italiana in Europa: da Horizon Europe a FP10”, dove si è discusso il futuro della ricerca italiana in Europa.

L’Italia ha il potenziale per essere un protagonista della ricerca europea, ma sta davvero sfruttando al massimo le opportunità offerte? Quali sono le sfide e le prospettive per il prossimo programma FP10, il nuovo ciclo di finanziamenti UE per la ricerca e l’innovazione?

Queste domande hanno animato il dibattito del 5 marzo al Parlamento Europeo di Bruxelles, dove APRE (Agenzia per la Promozione della Ricerca Europea) ha riunito politici, ricercatori e leader del settore per analizzare la partecipazione italiana a Horizon Europe e delineare le priorità strategiche per il futuro.

Tra i protagonisti, Andrea Ricci, Presidente del Comitato di Esperti di APRE e Lead Researcher di ISINNOVA, ha sottolineato un concetto chiave: serve un cambio di rotta per rendere la ricerca europea più efficace e competitiva.

 

Italia in Horizon Europe: bene, ma non basta

I numeri raccontano una storia di luci e ombre per la presenza italiana in Horizon Europe (2021-2024). Da una parte, l’Italia è terza in Europa per partecipazione ai progetti, con oltre 2.200 enti di ricerca coinvolti. Un segnale di grande vivacità scientifica. Dall’altra, il ritorno economico è meno brillante: il nostro Paese è solo quinto per finanziamenti ricevuti, con 3,76 miliardi di euro che rappresentano appena l’8,7% del totale dei fondi UE per la ricerca.

Dove perdiamo terreno?

  • Gestire i progetti europei è complesso: la burocrazia e le difficoltà di coordinamento penalizzano i ricercatori italiani rispetto ai colleghi tedeschi o francesi.
  • Finanziamenti troppo frammentati: le risorse nazionali per la ricerca sono distribuite in modo dispersivo e non sempre aiutano a cogliere al meglio le opportunità europee.
  • Minori investimenti per progetto: i ricercatori italiani ricevono, in media, meno finanziamenti per ogni partecipazione rispetto ai colleghi europei, limitando la competitività dei progetti.

FP10: cosa serve per fare il salto di qualità?

Con l’Unione Europea al lavoro sulla proposta per il nuovo programma FP10, l’Italia ha l’opportunità di spingere per politiche di ricerca più efficaci e ambiziose. A Bruxelles si è discusso di alcune priorità chiave, tra cui una minore burocrazia e un maggiore accesso ai fondi: semplificare le procedure per i ricercatori, riducendo gli ostacoli amministrativi che spesso scoraggiano la partecipazione. Inoltre, FP10 deve restare autonomo. C’è chi propone di accorparlo a un generico “Fondo per la Competitività UE”, ma la ricerca ha bisogno di un finanziamento dedicato e indipendente, come sostiene ISINNOVA.

Occorre poi collegare meglio ricerca e industria. Troppe innovazioni rimangono sulla carta e non diventano applicazioni concrete. FP10 deve creare ponti più solidi tra accademia, imprese e politica. Necessario è anche fermare la fuga di cervelli. L’Europa continua a perdere i suoi migliori ricercatori a favore di USA e Cina, che offrono migliori opportunità di carriera e finanziamenti più generosi. Serve un piano per rendere l’Europa il miglior posto per fare ricerca.

Andrea Ricci: “FP10 deve essere una rivoluzione”

Intervenendo a nome di APRE e ISINNOVA, Andrea Ricci ha lanciato un messaggio chiaro:

Non possiamo permetterci che FP10 sia solo la continuazione di Horizon Europe. Serve una strategia più audace, con priorità chiare e un sistema di ricerca che guardi avanti, anticipando le sfide del futuro invece di rincorrerle.”

Ricci ha anche evidenziato l’importanza delle metodologie di previsione – un’area di eccellenza di ISINNOVA – per definire le priorità della ricerca europea. Anticipare le tendenze globali permette di rendere la ricerca più proattiva, assicurando che le politiche e i finanziamenti UE siano in linea con i bisogni a lungo termine della società e dell’industria.

E adesso? Prossimi passi per FP10

La Commissione Europea presenterà la sua prima proposta per FP10 a metà 2025, dando il via a un intenso confronto tra istituzioni UE, governi nazionali e stakeholder del mondo della ricerca. Nel frattempo, ISINNOVA e APRE continueranno a lavorare con la comunità scientifica per garantire che le esigenze dell’Italia siano ben rappresentate nel programma finale.