Verso il prossimo Programma Quadro UE: più visione di lungo periodo, competitività al servizio dei cittadini e misurazione dell’impatto reale
Nel numero di maggio 2025 di APRE Magazine, il nostro Senior Advisor Andrea Ricci, che presiede anche il Comitato Tecnico-Scientifico di APRE, firma un articolo che invita a ripensare in profondità il prossimo Programma Quadro di Ricerca e Innovazione dell’UE. Di seguito ne riprendiamo i passaggi salienti, con l’obiettivo di stimolare il dibattito all’interno della comunità R&I.
Oltre il 2020: perché serve uno sguardo più lungo
Ricci parte da un piccolo paradosso: quando la Commissione scelse il nome “Horizon 2020”, l’orizzonte temporale apparve subito troppo corto. La ricerca, infatti, dispiega i suoi effetti ben oltre i sette anni di un programma e le scadenze di bilancio comunitarie. Se vogliamo che la R&I affronti davvero le sfide climatiche, digitali e sociali che si accumulano a ritmo crescente, dobbiamo dotarci di obiettivi che guardino più lontano, sapendo però che il percorso sarà irto di incertezze e che richiederà continue correzioni di rotta.
Competitività, ma al servizio dei cittadini
Negli ultimi due cicli di programmazione, l’enfasi si è spostata sempre più dall’accumulazione di nuova conoscenza alla sua traduzione rapida in innovazione. Oggi, di fronte al ritardo dell’Europa in settori strategici e alla pressione di nuovi equilibri geopolitici, molti chiedono che il prossimo Programma Quadro faccia un salto di qualità sulla competitività. Ricci avverte però di non confondere competitività con sola produttività aziendale: prima ancora dell’efficienza, conta l’efficacia sociale delle soluzioni. In altre parole, innovare sì, ma per rispondere alle aspirazioni dei cittadini, non inseguendo solo metriche di mercato.
Il rischio di correre senza meta
L’urgenza delle sfide può spingerci verso una sorta di “accelerazionismo”, l’idea che la velocità del progresso tecnologico sia di per sé un valore. Ma che cosa succede quando la società non è pronta a trarne beneficio? O quando l’innovazione genera più disuguaglianze di quante ne risolva? L’esempio delle continue, rapidissime generazioni di smartphone o della diffusione fulminea dell’IA offre spunti per riflettere sul valore marginale di certe corse in avanti. Per Ricci, più che accelerare indiscriminatamente, occorre orientare le risorse verso aree dove il beneficio sociale aggiuntivo è più elevato.
Foresight: dall’estrapolazione alla partecipazione
Guardare al futuro non significa estrapolare tendenze lineari, ma costruire scenari alternativi, accettando l’incertezza e coinvolgendo fin dall’inizio tutti gli attori: scienziati, imprese, amministrazioni, società civile. Il foresight diventa così strumento per individuare priorità davvero condivise e per integrare le scienze sociali e umane nella progettazione di soluzioni tecnologiche. Non è solo questione di prevedere; è questione di scegliere, insieme, quale futuro vogliamo costruire.
Misurare ciò che conta davvero
Da tempo Bruxelles chiede che i progetti dimostrino “impatto”, ma senza un sistema di valutazione credibile questa parola rischia di restare uno slogan. Ricci suggerisce un approccio più flessibile, capace di adattarsi a TRL, settori e orizzonti temporali diversi, ma anche più rigoroso, per guidare l’allocazione dei fondi. Servono indicatori che vadano oltre la bibliometria e il conteggio dei brevetti, includendo la percezione del beneficio da parte della società. La recente diffusione dei contratti lump-sum è un passo nella direzione giusta, perché sposta l’attenzione dai processi ai risultati, ma non basta: bisogna misurare l’utilità reale delle soluzioni prodotte.
Un invito al dialogo
L’articolo di Andrea Ricci ci ricorda che la ricerca europea deve avere il coraggio di riformarsi per restare rilevante: più visione di lungo periodo, più attenzione all’efficacia sociale, più partecipazione e strumenti di valutazione che premino l’impatto reale. È una sfida complessa, ma imprescindibile se vogliamo che l’Unione realizzi le proprie ambizioni di sovranità tecnologica, competitività sostenibile e benessere diffuso.
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